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Benessere a tutti i costi?

La smania di migliorare se stessi è una molla salutare che aiuta a cambiare, ma talvolta si traduce in ulteriore malessere se portato all’esasperazione.

L’idea della bellezza sembra sinonimo di un “fisico perfetto”, un ideale che, seppur fugace e irraggiungibile, agli occhi di tutti appare necessario per raggiungere la felicità.

Ecco che spuntano diete da fame, allenamenti da olimpiadi, interventi chirurgici e ogni sorta di escamotage per renderci più sani e più belli!

Il tempo libero si trasforma, così, in una maratona tra salti del pasto, allenamenti da far invidia agli atleti più esperti e sedute dall’estetista o peggio dal chirurgo di fiducia.

Sicuramente, avere cura di se stessi vuol dire prestare attenzione al proprio corpo e al mantenimento di uno standard di salute accettabile, ma stressarsi in questo modo può diventare una forma patologica.

Citando, potremmo dire:” il troppo stroppia” o ancora “la giusta via è nel mezzo”, per indicare che prestare attenzione al proprio corpo ma vivere di rinunce, non è una strada che possa portare al benessere.

Moderarsi nel mangiare va bene, ma eliminare carni rosse, pane, dolci può essere inutile e causare squilibri metabolici. Molti studi sottolineano che una buona alimentazione contiene anche una percentuali di grassi. Non è una novità ad esempio che il cioccolato faccia aumentare i livelli di alcuni neurotrasmettitori che inducono le sensazioni di piacere e di soddisfazione.

Qualsiasi alimento (anche quelli light) fornisce calorie che, assunte in eccesso, espongono al rischio di ingrassare.

Quindi privarsi di tutto non porta nessun beneficio; anzi potrebbe addirittura causare malessere e disagi.

Lo stesso discorso vale per lo sport; dove bisogna calibrare l’attività sportiva alle proprie peculiarità: non è indispensabile avere muscoli scolpiti come dei body builder o allenarsi per ore al giorno se il nostro fisico non è preparato. Gli eccessi poi si pagano anche in palestra. Passare ore e ore a fare esercizi non è detto che allunghi la nostra vita, può anche creare problemi muscolari e scheletrici. Quindi la moderazione e l’adattabilità dell’attività motoria sono due regole da seguire nel progettare un percorso di miglioramento della propria salute. Lo sport deve scaricare, divertire, rilassare e non essere un improbabile elisir di lunga vita.

Ci vuole un fisico bestiale sai, speciale sai anche per bere e per fumare sai, fumare sai ci vuole un fisico bestiale o il mondo e’ un grande ospedale siamo tutti un po’ malati ma siamo anche un po’ dottori…

….Ci vuole un attimo di pace sai, di pace sai di fare quello che ci piace sai, mi piace sai

(Luca Carboni )  

La ricerca della perfezione non passa solo per una dieta drastica o un allenamento spossante, ma oggi anche, per uno o più ritocchi dal chirurgo.

Si cerca di raggiungere un ideale troppo finto e che ci rappresenta molto poco, si rischia la vita e alcune volte si finisce per non riconoscersi più.

La domanda fondamentale che dobbiamo porci è la seguente: “ Ci sottoponiamo a tutto questo per migliorare il nostro stato di salute o solo per un’ ossessione di perfezione apparente?”

Se la risposta dovesse essere per incrementare la nostra salute, sappiate che potrebbe bastare cambiare solo alcune cattive abitudini del proprio stile di vita, per migliorarlo senza cadere in eccessi disastrosi.

Nel caso in cui vi rendiate conto che per voi l’apparire belli e sani è un “lavoro a tempo pieno”, è consigliabile riflettere sul perché di tale comportamento.

Tutti almeno una volta nella vita(forse anche di più) guardandosi allo specchio si sono sentiti come il brutto anatroccolo.

Il brutto anatroccolo diventa cigno perché è la sua natura, non perché ha deciso di trasformarsi in altro.

La bellezza è qualcosa di più di un corpo abbronzato, sodo e muscoloso.

E’ la realizzazione della persona, con le sue inclinazioni, capacità e talenti.

Dare spazio alla bellezza significa cercare un’armonia nell’insieme di quello che siamo, mettere a fuoco desideri, obiettivi, possibilità di realizzazione ma anche imparare a rinnovarsi e crescere riempiendo la nostra fisicità di un contenuto che anche l’inesorabilità del tempo non potrà mai portarci via.

Sbagliamo quindi nel tentare di raggiungere dei modelli spesso lontanissimi da chi siamo davvero, e troppo ambiziosi e irreali da ottenere.

Una corsa contro il tempo che inesorabilmente avrà il suo effetto.

Quindi stop all’auto tortura: forse vale la pena fermarsi e osservare che tutti questi movimenti esagerati a volume e ritmo fastidiosi, non sono altro che punizioni per corrispondere al modello estetico delle riviste di moda.

Non c’è bisogno di essere perfetti per essere in salute, o per piacere.

E’ auspicabile cercare “la giusta misura” per conciliare il proprio essere in un cammino verso il miglioramento ottimale.

Aumentando così la durata qualitativa della propria vita e l’autostima, l’amore verso se stessi e il proprio corpo.

E crescendo impari che la felicità non e’ quella delle grandi cose.
Non e’ quella che si insegue a vent’anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi…
La felicità non e’ quella che affannosamente si insegue credendo che l’amore sia tutto o niente,…
non e’ quella delle emozioni forti che fanno il “botto” e che esplodono fuori con tuoni spettacolari…
la felicità non e’ quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità e’ fatta di cose piccole ma preziose…

( Anonimo)

E per concludere diciamo che, l’esasperazione del benessere ha portato alla luce nuove malattie:

Ortoressia: E’ l’ossessione maniacale per i cibi sani. Descritta per la prima volta nel 1997 dal dietologo Steven Bratman, Usa, salutista pentito. Che se l’è auto diagnosticata, quando ha capito che l’ansia di mangiare sano gli stava rovinando la vita. Si manifesta quando l’attenzione alla scelta degli alimenti e perfino alla masticazione porta al rifiuto di tutto quanto è malsano, e alla fine all’isolamento.

Euforia del corridore: E’ la sensazione di benessere che secondo alcuni studiosi sarebbe generata durante la corsa, dalle endorfine prodotte dall’organismo per proteggersi dal dolore e sopportare lo sforzo. E’ dovuta all’anandamide, un cannabinoide analogo alla marijuana prodotto spontaneamente dall’organismo.

Dismorfofobia : Detta anche disturbo da dismorfismo corporeo, è la preoccupazione ossessiva per il proprio aspetto fisico, che può portare ad ingigantire un difetto minimo o inesistente, tanto da compromettere le relazioni sociali o imporre interventi di chirurgia plastica. In casi estremi può portare al suicidio.

Tanoressia: E’ l’ossessione dell’abbronzatura a tutti i costi: un neologismo che identifica, quanti, specie giovanissimi, frequentano centri per l’abbronzatura e apprezzano il proprio aspetto solo quando sono molto abbronzati. Un fenomeno di costume che può sconfinare nel disturbo ossessivo-compulsivo, oltre ad aumentare il rischio di cancro della pelle.

Sindrome dello Yo Yo: Continuo alternarsi di diete drastiche -con conseguente dimagrimento- e periodi di recupero del peso. La conseguenza, anche a parità di peso, è uno squilibrio della composizione corporea, che porta a incrementare progressivamente la massa grassa a scapito del tessuto muscolare.

Sindrome di Highlander: L’atteggiamento degli atleti di mezza età che continuano l’attività fisica dopo l’agonismo giovanile, o la riprendono in età avanzata dopo un lungo periodo di vita sedentaria. Sono spinti dalla competitività, o da un’ elevata autostima – la sensazione di essere appunto immortali – e del benessere, generato dallo sport trascurando i pericoli derivanti da un’attività fisica intensa esercitata senza le dovute cautele.

Vigoressia – bigoressia (La sindrome di Adone): E’ il malessere degli uomini che non si vedono abbastanza muscolosi, e trascorrono le giornate in palestra. Uno studio mostra che il 30 per cento dei giovani ne soffrirebbe in forma lieve. Nei casi più gravi può portare anche all’abuso di farmaci anabolizzanti.

Il giusto equilibrio

Molte persone che sentono vivi in loro valori di civiltà ed umanità spesso non sanno come trattare la propria inquietudine, agitazione, ostilità che si presenta quando vivono situazioni di conflitto, soprattutto nei gruppi di cui fanno parte. Molti non si permettono di vivere nemmeno il nervosismo rendendosi apparentemente calmi, pur essendo profondamente aggressivi. Che relazione c’è tra l’ attivazione per un cambiamento personale e/o sociale, e la di mancanza di forze, la rassegnazione e l’ impotenza? Inoltre, che relazione c’è fra la dimensione etica, quella istintuale e la gestione della realtà?

Il principio o la paura di agire la nostra distruttività ci spinge a trattenerci, ma spesso ne conseguono anche un blocco della nostra vitalità ed una riduzione dell’ energia.

In tal modo, può presentarsi, o via via acutizzarsi, una sintomatologia che interessa problematiche psicologiche quali, disturbi dell’umore, dell’ansia, sindromi non confortate da valori diagnostici clinici fuori dallo standard, disturbi del comportamento alimentare…e spesso la persona che ne soffre, e con lei la famiglia, si trova in forte difficoltà a capire cosa è meglio fare. E’ bene precisare che può essere utile un massaggio rilassante o qualche altra tecnica (solitamente svolta nei centri di benessere o presso centri estetici) ma solo se non vi sono sofferenze psicologiche.

La psicologia insegna che “cogliere il senso” sta ad un livello più elevato del “dare senso”. Spetta agli psicoterapeuti, dunque, portare il paziente a cogliere la propria esistenza nella sua peculiarità e nella sua unicità, attivando la personali capacità di trovare un senso autonomamente.

Quando iniziai il lavoro di psicologo, il mio intento era quello di potermi rendere utile agli altri anche con le sole armi dello studio, della filosofia della vita, dell’approfondimento del destino di ogni singolo individuo alle prese con situazioni eternamente mutevoli ma immodificabili.

“Chi vuole conoscere il futuro, studi il passato”, in altre parole tutto quello che è stato, nella storia delle generazioni come in quella quotidiana delle persone, si ripeterà per cui è utile studiarne le profonde connessioni e i rispettivi meccanismi, per prevederli, per evitarli, o più intelligentemente per servirsene. E proprio a tale scopo è raccomandabile raccogliere tutte le energie per far funzionare al meglio quello che siamo ( il nostro presente ), quello che siamo stati ( il nostro vissuto ) e quello che saremo ( aspirazioni, progetti, sogni ).

In base a quanto detto, ognuno di noi dovrebbe auspicare alla felicità, all’amore, al piacere, ad una vita agiata e serena in armonia con se stessi e con gli altri; insomma, ciò cui ognuno di noi aspira è uno standard di vita soddisfacente che permetta di essere appagati nei bisogni e desideri più intimi. Proprio in quanto non c’è niente di più giusto dell’avere queste aspirazioni, e del tendere allo “star bene” è mia opinione che la Psicologia del Benessere rappresenti quella branca della psicologia pienamente consonante alla realizzazione di tali desideri.

Essa, seppur possa apparire come una ricerca utopica, si contraddistingue per il suo scopo fiducioso nel potenziale umano: propone, infatti, un percorso all’apparenza complesso, ma in realtà alla portata di tutti che comporta, ovviamente, in primo luogo una spinta motivazionale unita ad una certa disponibilità a disciplinarsi.

In linea con quanto detto, partendo dal presupposto che l’uomo capace di imparare non solo in base a prove ed errori, ma in grado di arricchirsi anche delle esperienze e conoscenze sviluppate da altri, basta acquistare la giusta saggezza per poter sviluppare proficuamente le nostre capacità, in modo da creare una realtà collettiva ed una pratica personale sintonica allo star bene. La psicologia del benessere si configura, quindi, come un’innovazione nel campo della scienza della psiche; fa riferimento alle scoperte più profonde e confermate della psicologia e si avvale dei contributi di altri campi di studio quali quelli medici, filosofici e spirituali. Supera, infatti, gran parte della rigidità concettuale e metodologica delle discipline scientifiche giacchè adotta una visione olistica dell’uomo e del mondo.

Si rivolge, quindi, ad un uomo che capisca i cambiamenti naturali, rispettandone ed ammirandone la ciclicità; un uomo che riesca, nonostante tutto ad affascinarsi semplicemente con un tramonto e sappia cogliere e gustare l’essenza delle cose.

La mia fiducia mi permette, inoltre, di proporre un aiuto psichico a quelli che provano, loro malgrado, una “certa difficoltà” o che non riescano a vedere il futuro con occhi più speranzosi, offrendo un contributo all’acquisizione di una maggiore leggerezza interiore, affinchè sia possibile vivere al meglio la propria vita.

Concludendo, la Psicologia del Benessere propone che, così come la natura e la vita stessa ad ogni istante si trasformino senza perdere la loro essenza, anche l’uomo possa rinnovarsi; perciò, insisto, essa tende alla realizzazione di un uomo libero, sia dagli stereotipi che dalle predeterminazioni, stimolando le persone alla ricerca del significato personale da attribuire al proprio miglioramento.

 

Star bene e comunicazione

Uno degli scopi più rilevanti della Psicologia del Benessere è quello di promuovere nelle persone un crescente “stare bene con se stessi e con gli altri”: ciò implica, oltre l’armonia personale, anche il sapersi relazionare agevolmente con chi ci sta accanto. Per molti questo risulta uno dei punti più difficili da gestire, in quanto si configura come la causa principale di conflitti, di sofferenze ed anche di sensi di colpa e risentimenti. Non è raro che alcuni cerchino di evitare qualsiasi tipo di rapporto, isolandosi e chiudendosi nel proprio mondo, pur di non dover affrontare le difficoltà intrinseche ai contatti interpersonali.

Certo relazionarsi non è semplice, in quanto comporta desideri, punti di vista, aspirazioni, stili di vita diversi: quasi nessuno riesce ad avere un rapporto senza conflitti con il partner, con la famiglia, con gli amici, con i colleghi di lavoro.

Il conflitto, in realtà, è una componente delle relazioni umane, proprio in quanto ognuno di noi è diverso dall’altro.

Per poter, dunque, renderci disponibili a stabilire legami ed a migliorare la propria modalità di relazionarsi, è utile riflettere su quali siano i principi fondamentali e generali che compongono l’interrelazione con gli altri: conoscere i vari aspetti che la reggono è, indubbiamente, un modo per poterli utilizzare a proprio vantaggio.

Ovviamente, parlando di un argomento così complesso come quello del rapporto con gli altri, risulta impossibile parlare di una tecnica o modalità adeguata e perfetta, non si può essere categorici affermando “deve essere così” o ” in questa situazione si deve agire così”.

Per tale motivo la Psicologia del benessere non intende indicare regole universali, ma indirizzare a trovare le proprie modalità di relazionarsi che siano individualmente più congeniali e che permettano di avere meno difficoltà e più soddisfazioni.

Alla base di qualsiasi rapporto interpersonale vi è la comunicazione, considerata, in generale, un’abilità innata dell’essere umano proprio in quanto ci accompagna sin dalla nascita; “comunicare” racchiude in sè il significato di trasmettere qualcosa ad un’altra persona, è il flusso di messaggi che passa da un individuo all’altro; tuttavia, saper comunicare bene è più difficile di quanto possiamo immaginare.

La parola, il linguaggio del corpo ed il silenzio sono modi diversi, consapevoli o no, per comunicare: il fatto è che ogni comportamento di un soggetto è comunicazione, poiché fornisce all’altro un’informazione di sè, del suo mondo emotivo e cognitivo.

Infine, occorre sottolineare che una giusta comunicazione comporta un’interazione equilibrata tra gli interlocutori; quando questo equilibrio comunicativo manca, emerge una sorta di insoddisfazione in quanto non riusciamo ad esprimere ciò che vogliamo dire nè comprendere ciò che ci viene detto, minacciando così la qualità delle relazioni ed il nostro stesso benessere.

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