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La creatività: via verso il benessere

La conquista del benessere, che nasce anche da un’armonia del soggetto con il mondo esterno, è il risultato di una serie di fattori; la scoperta e, spesso, la riscoperta della creatività, da parte dell’individuo, può essere uno dei modi più efficaci di far affiorare parti della nostra personalità spesso soffocate o represse. Di conseguenza, il soggetto, riuscendo ad esprimere la propria creatività, riassapora sensazioni positive legate naturalmente all’estrinsecazione di questa dimensione.

La nostra vita quotidiana è, infatti, scandita dai ritmi quotidiani organizzati su alcuni punti di riferimento, ossia quelle apparenti certezze che l’individuo costruisce per affrontare meglio il fluire della vita stessa : il lavoro, la famiglia, sono, infatti, piccole micro organizzazioni sociali dove si riveste solitamente un ruolo ben definito.

Quante persone sono soddisfatte del proprio lavoro, o meglio, quante persone vivono passivamente la propria attività lavorativa spesso lamentandosi del loro stipendio o dei rapporti con i colleghi? E le casalinghe? Perché si parla sempre di casalinghe insoddisfatte?

Forse hanno dimenticato o addirittura sepolto per ragioni diverse la loro creatività!

In ambiti diversi, le casalinghe, ormai fossilizzate nel loro standardizzato ruolo di madri a tutto campo, il classico signor Travet, immagine un po’ forte della robotizzazione dell’uomo-lavoratore, continuano a vivere l’ esistenza soffocando probabilmente una delle loro facoltà più significative: la creatività. Sì, questo strano e tanto decantato dono che possediamo e che viene spesso rimosso per uniformarci noiose etichette sociali o per non scoprire altri lati vincenti della nostra personalità.  Su quest’aspetto, diversi studi hanno focalizzato l’attenzione su quegli individui che sembrano completamente privi di creatività ; in realtà, la loro sofferenza psicologica, l’incapacità di rispondere con un buon equilibrio alle difficoltà della vità, ha influito notevolmente sulla loro fantasia. Ciò ha portato, con il tempo, all’eccessiva rimozione di questa dimensione.

Nella società moderna, dove gli individui vivono costantemente il pericolo di una limitante omologazione, si parla sempre più di creatività e del suo sviluppo, anche se, in realtà, gli ambiti in cui viviamo, come quello familiare e lavorativo, ci aiutano spesso per diverse ragioni a mortificarla. Ma cos’è più specificatamente? Sia gli specialisti che i profani la definiscono come la capacità di inventare qualcosa di nuovo; ma cosa si intende per nuovo?

A questo riguardo, sono interessanti alcune recenti ricerche che hanno focalizzato l’attenzione sulla distinzione fra intelligenza e creatività arrivando alle seguenti conclusioni: il pensiero convergente, proprio del ragionamento logico si distingue dal pensiero divergente, dove la risoluzione di un problema viene affrontato con soluzioni diverse ed innovative da parte del soggetto sfruttando quindi la propria creatività. In questa direzione, tali ricercatori hanno indagato sui processi mentali dell’individuo nell’estrinsecazione delle sue capacità creative ; N. Jausovec, psicologo dell’università di Maribor, ha messo a confronto l’attivazione del cervello in compiti convergenti e divergenti scoprendo che, nelle persone particolarmente creative, si riscontra un accoppiamento di aree della corteccia cerebrale distanti anche se il loro cervello riesce a farle lavorare più efficacemente.

Questa digressione sulla natura della creatività, che si avvale delle ultime scoperte in campo neurofisiologico, serve quindi a farci conoscere il mistero di quella facoltà mentale che, come si è visto, è sviluppata in modo diverso negli individui.

Al di là di queste interessanti considerazioni, la scoperta o la riappropriazione di questa capacità presuppone necessariamente una volontà soggettiva di aprire i propri orizzonti mentali.

L’artista, il pittore, il coreografo, il ballerino : non è un banale elenco di professioni, ma soltanto una breve lista di lavori dove i soggetti riescono ad esprimere in parte e, in alcuni casi, totalmente la loro creatività. Spesso le persone creative sono viste, nell’opinione comune, come persone originali, stravaganti, fuori della norma ! Ma è proprio qui il nocciolo della questione! E’,infatti, proprio nell’uscire da ruoli stigmatizzati che l’individuo inizia il proprio cammino nella scoperta della creatività.   La persona con queste doti si pone, infatti, fuori da ogni regola e, quindi, diviene automaticamente il diverso, il trasgressore, l’irregolare ; il suo unico credo è il suo istinto creativo che non ubbidisce a nessuna legge stabilita.

Ma in che modo la creatività può essere un’utile via al raggiungimento del nostro benessere ?

Un primo passo, in questa direzione, è la volontà di modificare, nella nostra vita quotidiana, i ritmi ed i tempi troppo prefissati che soffocano la nostra esistenza, ossia piccole strategie che possono rivitalizzare la nostra fantasia : la riorganizzazione di diversi momenti della giornata, la possibilità di suggerire o ancora meglio di apportare novità o intuizioni in campo lavorativo, lo stravolgimento di una rigida organizzazione familiare.

Questo primo passo è, già, un traguardo importante : la capacità di ricostruire, sulla base della nostra sensibilità ed esperienza, contenuti umani universali, di pensare ad un’idea, ad un concetto magari già espresso da altri non significa assenza di originalità! E’ la nostra personale riassunzione, rielaborazione di questi contenuti che fa emergere la nostra potenzialità.

Ecco, quindi, che la creatività può farci bene facendo riemergere, come diceva un famoso scrittore “il fanciullino che è in noi” ossia quella parte infantile che abbiamo soffocato, o forse dimenticato, per una serie di ragioni.

Su questa linea, dobbiamo legarci alla nostra volontà di renderci creativi, di avere il piacere e di sperimentare cose nuove e, quindi, di spingere ed attivare il nostro mondo interiore verso quella direzione ; tale processo è, senza dubbio, faticoso in quanto comporta necessariamente la riassunzione di una parte di noi che non tutti però siamo disposti ad accettare e a vivificare spesso per paura di aprirsi al cambiamento.

Tali paure nascono proprio dall’apparente protezione dell’uniformità, il gruppo che ingloba la tua personalità e ti accetta proprio perchè non sei più tu con la tua individualità, ma un tutt’uno con il gruppo……..

La creatività è, invece, sinonimo di libertà, autonomia, consapevolezza delle proprie capacità e conseguente volontà di esprimerle senza timori dei giudizi altrui, spesso vere e proprie forze negative che sopprimono lentamente abilità creative individuali eccezionali !

E allora, uomo a te l’ardua scelta : incatenato , uniformato in rigide barriere, non creativo e spesso insoddisfatto oppure vivace, libero, stravagante e semplicemente unico nelle tue capacità di creare ogni giorno la tua esistenza!

Benessere e vacanze

Per parlare di turismo potremmo prendere a prestito la definizione della Tourism Society del Regno Unito secondo il quale il turismo consiste nel “temporaneo movimento di persone per un breve-periodo verso destinazioni diverse dai luoghi in cui esse normalmente vivono e lavorano, e nelle attività che esse svolgono durante la loro permanenza in queste destinazioni.”.

Quindi l’essere un turista implica un momentaneo abbandono del luogo di residenza/lavoro per immergersi in una nuova realtà. In quest’ottica è naturale affermare che il viaggio turistico abbia una valenza terapeutica.

Non importa dove! Non importa dove! Purché sia fuori da questo mondo!

(Charles-Pierre Baudelaire)

La vacanza può permettere di staccare “la spina“, di sentirsi diversi, liberi dai vincoli della propria realtà quotidiana troppo frenetica, stressante in cui si è poco attenti ai propri bisogni.

Ma allora viene da chiederci quali sono le necessità che una vacanza soddisfa? Riprendendo la “gerarchia dei bisogni di Maslow“, un noto studioso della motivazione umana, al di là dei fattori stimolanti di carattere fisiologico e di quelli relativi all’incolumità fisica, i motivi all’origine di una vacanza sono strettamente legati alla stima di sé, all’esigenza di socializzare e alla necessità di esprimersi pienamente.

Inoltre c’è anche la voglia di conoscere gli altri, le altre culture; spesso per trovare la libertà, bisogna uscire dalla struttura di un unico sistema e vedere la realtà da diverse angolazioni: è la possibilità di scegliere i modi in cui dare senso alla propria vita che permette di essere liberi.

Ogni vacanza (anche se breve) rappresenta una piccola attenzione per se stessi e la realizzazione di un piccolo sogno: ogni viaggio scaturisce da un luogo che stimola la fantasia e solo facendo quel viaggio, si capirà perché si doveva fare, e si darà voce ad una parte di sé che chiede di venir fuori.

Lo scarto tra l’immagine che gli altri hanno di una persona e quella che lei ha di se stessa, tra quello che è nella realtà e quello che vorrebbe essere, è lo spazio in cui prende vita il desiderio del viaggio. Permette di scoprire alternative inimmaginate, di svincolarsi dai lacci dei sistemi sociali, e riscoprire il proprio io, libero dalle restrizioni del super-io e dalle ansie delle società moderne.

Viaggio dunque come auto realizzazione e riscoperta di sé, ma anche terapia per ricaricare la propria energia mentale e psicofisica.

Ogni uomo va alla ricerca della propria felicità: i modi sono diversi ma il fine è sempre lo stesso; purtroppo la realtà spesso non soddisfa tale bisogno appieno e allora si tenta di fuggire.

La domanda allora è : la vacanza, essendo momentanea evasione dalla realtà, può dare felicità?

Naturalmente la risposta varia da persona a persona e dall’evolversi del viaggio stesso.

L’importante è immaginare ogni viaggio come un pellegrinaggio, crearsene un’aspettativa aperta, poco definita nei dettagli: pensare che sarà un’esperienza importante comunque andrà.

Caricare la vacanza di eccessive aspettative e pensarla come al “premio” tanto agognato dopo 11 mesi e mezzo di fatiche, può trasformarla in un’ulteriore fonte di stress.

Voler a tutti costi un’occasione rilassante, ma al tempo stesso divertente, di crescita, di svago e spensierata felicità può richiedere una cura nella programmazione del viaggio, talmente maniacale da compromettere la realizzazione dello scopo primario del viaggio: lasciare a casa le preoccupazioni, l’ansia e staccare dalla routine, per una breve ma intensa “licenza” dalla vita quotidiana.

Non ci sono regole che vanno bene indifferentemente per ogni individuo e per ogni occasione,

ma sicuramente perché un viaggio si trasformi effettivamente in un momento speciale e rigenerante è necessario che la scelta della meta non sia dettata solo dalla moda , ma principalmente dal proprio modo di essere e dai propri bisogni.

Per programmare una gita, invece di impazzire tra depliant, siti e agenzie, potrebbe bastare rilassarsi e ascoltare la nostra fantasia e le necessità che essa ci detta.

“E quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspetta ancora. Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va’ dove lui ti porta.”

( Susanna Tamaro)

“Ogni grande viaggio inizia con un piccolo passo” dice una famosa citazione, e se quel piccolo passo fosse ascoltare se stessi?! Ascoltare il proprio cuore , i sogni dimenticati, ma non perduti, i bisogni che il ritmo incessante della vita moderna sta soffocando; può essere l’inizio di un’auto-terapia che può ripetersi ogni qual volta ne sentiamo il bisogno. Il viaggio può essere il culmine di tale terapia, il punto di arrivo, ma può rappresentare anche il punto di inizio: si può capire che si può essere felici anche dal ritorno dalla vacanza, basta chiudere ogni tanto gli occhi e ascoltare solo il proprio respiro.

Infatti la vacanza è uno stato di “fuga” momentaneo e come tale destinato a cessare, per questo si parla sempre più spesso di “stress da rientro” o “tristezza post-vacanza”(senso di stordimento, calo dell’attenzione, mal di testa, digestione difficile, raffreddore, mal di gola, tosse,dolori muscolari e tristezza diffusa) come di un’inevitabile conseguenza data dal repentino cambiamento delle abitudini: cioè la ripresa dei ritmi di vita e delle responsabilità che essa implica.

Il viaggio turistico rischia così di diventare un male più che un bene! La soluzione potrebbe essere quella di avvicinare i ritmi routinari con quelli della vacanza, il modo che il passaggio da uno stato all’altro sia il meno brusco possibile.

Rilassarsi di più nella vita quotidiana, prendersi tempo per respirare, e per riflettere.

Non sarebbe bello vivere la vita come una lunga vacanza?

Se non si può vivere sempre con una valigia in mano (sono pochi i fortunati a poterlo fare) si può cercare di essere nello stato mentale del pellegrinaggio il più a lungo possibile.

Il tal senso la momentanea “fuga” dalla realtà può essere percepita come una terapia.

Ascoltare se stessi, avvicinarsi con entusiasmo alla vita, con curiosità alle diversità e prospettiva alle difficoltà.

Provate a trascrivere le vostre sensazioni di benessere durante un’opportunità di relax e poi provate a riviverle durante la vita di tutti i giorni vedrete che tutto apparirà come nuovo ai vostri occhi.

Potrà sembrare complicato ma vale la pena di tentare. Ciò potrebbe migliorerà la qualità della vostra vita.

Il consiglio è viaggiate, provate, sperimentate… ma non lasciate tutto nella vostra bacheca dei souvenir al ritorno; fate sì che tale esperienza entri a far parte della vostra quotidianità per arricchirla e migliorarla.

Create un continuum tra vacanza e vita di tutti i giorni, in modo che ogni viaggio non sia solo un modo per “staccare la spina”, ma un modo per“ricaricare di nuova elettricità” la vostra vita.

Anche se qualche volta è difficile partire, a causa delle abitudini, il dovere, gli impegni, la mancanza di tempo, il dubbio, le aspettative della altre persone… il benessere che potrà derivare dal viaggio spazzerà via ogni incertezza e ricordate :

C’è solo una cosa peggiore del viaggiare, ed è il non viaggiare affatto.

(Oscar Wilde)

 

Ridere per star bene

Vi ricordate quel vecchio detto popolare “il riso fa buon sangue”?

Secondo la mia idea di Psicologia del Benessere, l’umorismo è una strategia essenziale al raggiungimento del “sentirsi bene” : quella risata che a volte sentiamo venire dalla pancia, vera, incontrollabile e profonda, ri-ossigena completamente l’organismo, svegliando mente e corpo, restituendogli la giusta calma.

La risata è una vera e propria scossa energetica che diffonde un piacevole stato di rilassamento per tutto il corpo; in più, facilita, con il suo caratteristico “contagio”, la comunicazione e l’interazione sociale.

D’altra parte la stessa risoterapia, tecnica che tende a potenziare le capacità terapeutiche del ridere, è largamente diffusa in America ed in Brasile: basti pensare al pediatra Patch Adams ed ai “dottori dell’allegria”, i quali raggiungono un miglioramento dei pazienti ospedalizzati attraverso l’utilizzo della comicoterapia.

Una tecnica analoga in Italia, è quella suggerita da Fioravanti e Spina ossia la “visualizzazione positiva”, la quale consiste nel sorridere mentalmente a se stessi.

In linea con la mia idea di “benessere” vorrei sottolineare quanto sia necessario imparare “a sorridere anche agli altri” e “ridere insieme con gli altri”: per strada, in ufficio, nell’autobus salutare con un sorriso trasmette all’altro il messaggio che stiamo bene con noi stessi e, perciò, che siamo aperti ad avere un’interazione più piacevole; raccontare una barzelletta e imparare a fare autoironia sono comportamenti che aiutano a ridurre le tensioni e a sdrammatizzare le situazioni.

Un ulteriore consiglio: se vi piace il cinema, guardate quanto più potete i film comici di Totò, Alberto Sordi, Mr.Bean, Woody Allen…

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