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Efficacia terapeutica della preghiera e della meditazione

La meditazione laica o legata ad una esperienza di fede, la preghiera, possono essere uno strumento che contribuisce a generare benessere, a superare i confini dell’io, dell’individualità, di una malattia che ci affligge.Queste tecniche possono aiutare le persone a stare meglio.

Le pratiche spirituali infatti hanno effetti antistress, rilassanti, aiutano a mettere l’organismo in uno stato di riposo. Spesso lo stress nasce dalla sensazione di non avere qualcuno cui chiedere aiuto; ad esempio se si è affetti da una grave malattia, tale aiuto può venire dalla preghiera, dal senso di appartenenza ad una comunità religiosa, dal senso che la religione dà alla vita ed alla morte.

La preghiera potrebbe come la musica o la pranoterapia, indurre dei meccanismi fisiologici come la vasodilatazione o il rilassamento, che contribuiscono al generale miglioramento delle condizioni di salute dei pazienti, ancora, potrebbe avere un effetto placebo, indurre benefici sulla salute di chi prega in quanto il credente è convinto che la sua azione porterà risultati positivi. Infatti, oggi è ampiamente dimostrata l’efficacia terapeutica di una nuova corrente di Psicologia Clinica basata sull’utilizzo di meditazione, tecniche di rilassamento e pratiche psico-corporee.

Pregare fa comunque bene, influisce sui percorsi di guarigione dell’individuo. Tali affermazioni sono supportate anche da risultati provenienti da studi condotti da scienziati di tutto il mondo (National Institutes of Healt; National Center for Complementary and Alternative Medicine) sulla relazione che intercorre tra la medicina, la preghiera e la spiritualità; sul rapporto tra mente e corpo e reazioni fisiologiche attivate grazie a pratiche spirituali.

Complessivamente il 57 per cento degli studi condotti su queste tematiche dimostra che la preghiera come pratica spirituale in generale esercita un ruolo positivo nel percorso verso la guarigione, migliora il benessere dell’individuo, riduce i rischi di malattia e offre un sostegno morale. Queste ricerche volte a testare una eventuale relazione tra fede, preghiera e salute si sono svolte su pazienti con problemi cardio-vascolari e su pazienti oncologici. I risultati che scaturiscono da queste ricerche sostengono che chi segue pratiche religiose mantiene la pressione bassa e quindi corre minori rischi di infarto o di altre affezioni cardiovascolari e in generale dimostrerebbero una minore mortalità.

Dati questi interessanti, ma accolti dalla comunità scientifica con grande scetticismo, poco propensa ad interpretare ciò che è ancora scarsamente conosciuto, cioè i meccanismi che sottendono al rapporto tra mente e corpo. Tuttavia si riconosce alle ricerche una validità empirica, ma non scientifica.

Dunque,se si è riconosciuto che meditazione, preghiera possono servire a migliorare le condizioni di vita di un ammalato, allora un medico o uno psicoterapeuta avrebbe il dovere di suggerire al proprio paziente tali pratiche. A mio avviso non vi è nulla di sbagliato nell’incoraggiare il proprio paziente ad affidarsi alle preghiere come fonte di sollievo e di conforto morale in un momento di difficoltà, soprattutto in quelle situazioni in cui le possibilità messe a disposizione dalla medicina sono nulle o limitate.

Inoltre, un dialogo sulla fede può avvicinare maggiormente terapeuta e paziente, accrescere la fiducia nel miglioramento e diminuire il senso di solitudine.Considero la preghiera un elemento di supporto, di conforto, un appoggio, un sostegno, che dal versante clinico aiuta il malato, può avere un’ influenza positiva su quei meccanismi cerebrali ancora in gran parte ignoti, produrre reazioni che aiutano la cura e la guarigione. In tal senso, penso che le terapie che non prevedono ricorso a farmaci, ad interventi chirurgici, come ad esempio preghiera, meditazione, tecniche psico-corporee, vadano affiancate alla medicina tradizionale che di solito tende a rifiutarle ostentando un senso di superiorità che sfocia nella presunzione.

La Spiritualità

La spiritualità è il rivolgersi all’incognito, all’invisibile, l’ipotesi che vi sia qualcosa al di sopra del “vivere quotidiano” e che spesso lo arricchisce di significato: qualcosa a cui non si può accedere attraverso i sensi ma che presuppone, dunque, la fede.

Risulta complesso dare una definizione di fede, in quanto è una sensazione semplice che viene sentita nell’intimo del nostro Sè: le parole, infatti, non sempre riescono a trasmettere in modo esaustivo un sentimento o un’esperienza interna. La fede è un importante componente che facilita il raggiungimento di un equilibrio interiore: alleggerisce i nostri timori e, come un soffio, ci incoraggia a proseguire. Ciò che occorre sottolineare è che spiritualità e religiosità non sono sinonimi di religione: la religiosità, infatti, si configura come una disposizione interiore innata nell’uomo che può ,o non, manifestarsi attraverso l’adesione ad una religione specifica. In questo modo la spiritualità si configura come qualcosa di naturale e spontanea nell’uomo poichè nasce dal suo intimo, rendendolo potenzialmente disponibile al sovraumano. La religione costituisce una delle possibilità attraverso la quale questo potenziale interiore può trovare una via di legittimazione. Il ruolo delle religioni non è altro che il dare agli uomini la possibilità di vivere, attraverso fenomeni collettivi, quel senso di misticismo che ognuno porta dentro di sè.

Attraverso la spiritualità possiamo capire meglio e anche accettare in modo più tollerante riti e credenze diverse da quelli che abbiamo scelto noi; il fatto è che non importa il modo in cui venga vissuto questo sentimento, ma ciò che conta, perchè risulti benefico all’individuo, è l’apertura personale alla dimensione spirituale.

Da un punto di vista psicologico, la spiritualità viene definita

come un fenomeno intrapsichico ed innato; in termini psicoanalitici, la spinta interiore dell’uomo alla spiritualità deriva dall’istinto di vita o di amore, cioè dalla tendenza vitale di legame e di unione. L’evoluzione del comportamento religioso nella storia di una persona dipende da diversi fattori soprattutto quelli ambientali: l’esperienza relazionale positiva con la madre fornisce all’individuo la base primaria per una futura apertura al trascendente come altrettanto fondamentale risulta il contatto con il padre, proprio in quanto rappresenta la figura della forza, della protezione che convalida e rassicura e quindi accresce i sentimenti di fiducia e sicurezza del bambino. il modello di vissuto religioso avuto dalla famiglia costituisce un punto di riferimento per la nostra spiritualità, a partire dal quale viene spinto il nostro contatto con il trascendente.

Con l’adolescenza, poi, acquistando un maggior sviluppo interiore e diventando più autonomi, si passa ad avere una capacità di scelta più consonante alle nostre vere credenze ed aspirazioni. In questo momento diventa possibile, dunque, trovare una modalità personale di vivere la propria fede che sia in armonia con il nostro sentire profondo.

Ma a questo punto possiamo chiederci “perchè l’uomo si interessa tanto alla dimensione spirituale della vita?”, “in che modo ciò ci aiuta a sentirci bene e ci permette di trovare la pace interiore?”. L’importanza della spiritualità è data, soprattutto, dalla possibilità di avere, attraverso essa, una visione più leggera del mondo ed un maggior senso di speranza; le persone che coltivano la propria spiritualità sono più ottimiste e felici avendo un positivo sentimento di fiducia nel futuro, in se stessi e negli altri.

Oltre a rafforzare questa dimensione, è necessario sviluppare la capacità di affrontare da soli gli eventi e, quindi, la progressiva conquista di una maggiore fiducia in noi stessi. Con questi strumenti si costruisce una visione positiva della vita permettendo in tal modo che la speranza si sovrapponga al dolore così come la fede alla morte. La spiritualità deve, quindi, essere vissuta con tutti noi stessi e non soltanto con la ragione, come un’esperienza totale e trascinante più emotiva che intellettiva.

 

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